lunedì 23 marzo 2009

Segni di appartenenza.

Uno dei primi problemi che abbiamo dovuto affrontare quando abbiamo deciso di creare "Z", è stato quello di trovare un modo per identificare una riconoscibilità della collana senza perdere i tratti distintivi che avevano caratterizzato fino a quel momento The Walking Dead (che sarebbe stato chiaramente uno dei pilastri del progetto).

Dopo lungo meditare, la quadratura del cerchio è arrivata da uno di quei pensieri che ti fanno dire "ma come abbiamo fatto a non pensarci prima?": la grafica adottata per TWD non è quella della serie americana (che quindi non sarebbe stato molto corretto utilizzare come grafica di collana) ma qualcosa che, a suo tempo, abbiamo ripensato noi per il titolo e quindi, 100% salda-style.
Tanto per fare un esempio, nella versione USA i font utilizzati sono diversi, i volumi non hanno le bandelle, l'immagine di copertina è a smarginare e non sono presenti silouette nere di zombie (e questo senza contare altre fesserie come introduzioni, postfazioni, colophon, frontespizi e tutta la grafica obliqua che ci gira intorno).

Quindi, alla fine, è come se la collana fosse partita con il primo numero di TWD e che le sue prime 4 uscite fossero stati, appunto, i primi quattro volumi della serie scritta da Kirkman. Da lì in poi, oltre ai nuovi volumi di TWD, arrivano nuovi ospiti zombieschi che, pur portando il loro logo, adottano la grafica della collana.

A questo punto, per identificare l'appartenenza del singolo titolo alla collana, abbiamo inserito un piccolo logo "Z" sulla copertina e sul dorso mentre, in quarta di copertina, il logo si sviluppa nel marchio "Z - la più grande collana dedicata al mondo degli zombie".
All'interno del volume i cambiamenti sono ancora più leggeri: un marchio "Z" nel frontespizio, qualche dicitura in più nel colophon e, nell'ultima pagina del volume, il catalogo incentrato esclusivamente sulla collana (volumi già pubblicati e uscite future).

Dulcis in fundo (ma solo per questa volta), il volume si conclude con 4 pagine a colori che abbiamo deciso di aggiungere per presentare la collana e i suoi titoli ai lettori della serie.

Qui di seguito un paio di immagini per visualizzare meglio il tutto.

La copertina:


La IV di copertina:


Il catalogo:

domenica 22 marzo 2009

Zombonelli*.

E questo mese, zombi (senza la "e" in fondo) anche in casa Bonelli sul n°121 di Magico Vento dove Gianfranco Manfredi, con "La regina degli zombi", si avventura nel territorio degli… zombi acquatici.

E, fra due mesi, sarà la volta degli zombi fluttuanti che –come recita il redazionale dell'albo– sono tra i primi tipi di zombi descritti nel 1926 dallo scrittore H.S. Whitehead.

* "Zombonelli" is © 2009 Andrea Toscani. All rights reserved. Per gentile concessione.

mercoledì 18 marzo 2009

Tapparella giù e poltiglia…


Dance of the Dead, ovvero gli zombie sbaraccano la festa delle medie in questa imprescindibile pellicola di Gregg Bishop che in futuro probabilmente verrà ricordata solo per i cadaveri che vengono sparati fuori dalla tombe a velocità supersonica (come si intravede anche in una scena del trailer qui sotto).

Da ammazzare a colpi di scopa in testa.

lunedì 16 marzo 2009

Flash mob in salsa zombie.

Il termine flash mob, secondo Wikipedia, indica un gruppo di persone che si riunisce all'improvviso in uno spazio pubblico, mette in pratica un'azione insolita generalmente per un breve periodo di tempo per poi successivamente disperdersi. Il raduno viene generalmente organizzato attraverso comunicazioni via internet o tramite telefoni cellulari. In molti casi, le regole dell'azione vengono illustrate ai partecipanti pochi minuti prima che l'azione abbia luogo.

Di flash mob ne esistono diversi tipi, di cui alcuni anche con protagonisti gli zombie (come ad esempio la zombie walk di cui abbiamo già parlato).

Tra questi ne segnaliamo uno di qualche tempo fa in cui gli zombie (coordinati da eatbrains.com) hanno invaso un Apple Store a San Francisco per poi decidere, alla fine, che la plastica degli Imac è meno saporita dei cervelli degli umani.

Per la cronaca, l'azione mirava a invadere diversi centri commerciali: la sorveglianza dei negozi Disney e Westfield Mall ha impedito all'orda zombie di entrare, mentre quella dell'Apple Store non solo l'ha accolta ma l'ha anche messa in posa per scattare delle fotografie migliori (che trovate QUI).

I love Sarah Jane.

E per assonanza con gli adolescenti americani di The abandoned, ecco qua quelli australiani di I love Sarah Jane, un cortometraggio dell'anno scorso e uno dei migliori esempi di come la figura dello zombie sia davvero trasversale rispetto ai generi.

13 minuti di durata, regia di Spencer Susser e, soprattutto, sottotitolato in italiano.

domenica 15 marzo 2009

Di fronte all'apocalisse, con uno stura-lavandini in mano.

Ci sono degli oggetti con cui gli eroi moderni affrontano l'apocalisse e, nel momento stesso in cui questi oggetti li vediamo utilizzati dall'eroe, nel nostro immaginario diventano un tutt'uno con lui. Per capirci, l'Ash de "L'armata delle tenebre" senza la motosega non sarebbe lo stesso, così come lo Shaun interpretato da Simon Pegg senza la mazza da cricket e Jack Torrance senza l'ascia (nel film, perché nel romanzo di King girava per l'Overlook Hotel con una più prosaica mazza da baseball).

Oggi questo empireo si arricchisce di un nuovo personaggio: la punkettona Rylie che, in The Abandoned di Ross Campbell, affronta l'apocalisse zombie armata di… uno stura-lavandini.

La miniserie a fumetti, pubblicata negli USA da Tokyopop e proposta in Italia in una bella edizione in volume unico dalla benemerita Purple Press, racconta di lei, dei suoi amici e di una torrida estate in cui, improvvisamente, gli adulti muoiono e si trasformano in zombie.
Gli altri meccanismi del contagio restano quelli soliti delle storie con gli zombie (il classico morso continua a farla da padrone), ma questo aspetto cronologico per cui gli unici sopravvissuti sono gli adolescenti e, al compimento dei 18 anni, morso o non morso si entra tutti comunque nella schiera dei cadaveri caracollanti, è quello che fa davvero la differenza in The abandoned.

Gli adolescenti di Campbell, in qualche modo, sono infatti imparentati con quelli disegnati da Charles Burns su Black Hole: il vero terrore, sembrano dirci entrambo gli autori, nasce dal corpo che nel passaggio attraverso l'adolescenza si trasforma e che, per un attimo, ci pone aldifuori degli schemi sociali, aldifuori del pensiero diffuso nella maggioranza.
Quello che fa paura è addormentarsi e risvegliarsi in un corpo nuovo, appiattito nella moltitudine, un corpo adulto che si trascina spinto da desideri di base senza saper più sognare un modo diverso di vivere la propria vita.

La storia di The abandoned si svolge in un posto del profondo Sud degli Stati Uniti chiamato Buffalora. Ora io non lo so –e non lo voglio nemmeno sapere– se nel sud degli Stati Uniti esiste davvero un posto chiamato Buffalora. Non mi interessa perché, per me, in quel modo l'autore americano ha voluto omaggiare Mastro (o mostro) Tiziano Sclavi da Broni che proprio a Buffalora (però quella in provincia di Brescia) aveva ambientato il suo Dellamorte Dellamore.

The abandoned ha 224 pagine, costa 14,00 euro e lo potete acquistare su IBS cliccando QUI.

sabato 14 marzo 2009

La collettività è morta e risorta?


Ho appena consegnato le risposte per un'intervista che mi hanno fatto sulla nostra collana "Z", su The Walking Dead e, più in generale, sul fenomeno zombie.

L'intervista dovrebbe apparire sul prossimo numero della rivista DE:Code dedicato, appunto, agli zombie.
È stato divertente, anche perché le domande di Nicola Peruzzi rispettavano il patto che io e lui avevamo stretto prima di cominciare: che nell'intervista ci fosse spazio anche per il cazzeggio.

Però, fuor di cazzeggio, vi propongo qui di seguito una delle domande dell'intervista (con relativa risposta) che, secondo me, propone una riflessione interessante sul riemergere in questi anni della figura dello zombie.

Se vi va di partecipare al dibattito, in fondo al post trovate un accogliente spazio COMMENTI.

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Con saldaPress avete cominciato ad interessarvi agli zombie quando il mercato italiano era ancora per certi versi “vergine”. Oggi pare che la zombie-mania stia dilagando in tutto il mondo, Italia compresa (e dire che a livello di ricezione siamo anche piuttosto lenti). Come giudichi questo ritorno di interesse nei confronti dell’argomento?

Slego la tua domanda dal mero aspetto editoriale e ti rispondo che l'interesse diffuso nei confronti degli zombie, per come la vedo io, è legato a filo doppio con il concetto di collettività.
Provo a spiegarmi. In questi mesi sono nel mio “periodo Gaberiano”, il che significa che, uno dopo l'altro, mi sto riascoltando in ordine cronologico tutti i lavori di Giorgio Gaber dal 1970 al 2000. È interessante seguire il percorso artistico di Gaber e vedere come descriva esattamente lo sgretolarsi dell'idea di collettività in Italia nello spazio di trent'anni: dalla collettività si passa al singolo e, di conseguenza, allo smarrimento di molti dei parametri che nel dopoguerra hanno guidato la nostra convivenza civile.
Gli zombie rappresentano in chiave fantastica il concetto di collettività. O meglio, sono una nuova forma di collettività sociale i cui membri, pur guidati da un desiderio individuale (la fame), si muovono verso di esso in modo collettivo facendo forza sull'inesauribilità del loro numero.
Lo zombie, in passato, spaventava perché vi si leggeva la massa senza coscienza dei regimi totalitari del secolo scorso. Oggi il cinema, la letteratura e i videogiochi hanno svelato come spaventosa questa capacità degli zombie di ottenere qualcosa agendo insieme e di sbaragliare tutto ciò che si oppone all'idea di un cambiamento che già solo la loro esistenza porta avanti.
Ma paura e desiderio sono da sempre legati a filo doppio (e Freud ci aveva aggiunto anche la pulsione di morte). Così oggi, attraverso un gioco di rimandi tutto postomoderno, la figura dello zombie non spaventa più, anzi, pare accettata a tutti i livelli. Probabilmente ci affascina proprio perchè, avendo perso progressivamente l'idea di collettività, riponiamo il nostro desiderio di qualcosa che ci manca là dove vediamo che ancora è presente. Fosse anche un gruppo di cadaveri caracollanti pronti ad azzannare chiunque.
Credo sia un principio molto simile a quello per cui più ci allontaniamo dalle nostre radici storiche e culturali, più subiamo il fascino di culture tribali lontane che, a differenza della nostra, sono ancora fortemente legate al proprio passato (o, più semplicemente, che noi immaginiamo ancora tali).

martedì 10 marzo 2009

Benvenuti nell'era del community generated.

Una volta chi voleva fare un film si scriveva la storia, si prendeva la sua videocamera/cinepresa, se lo girava e poi se lo montava.
Ma oggi siamo tutti immersi in ciò che viene spesso definito web 2.0 e così è diventato molto più pratico lanciare un'idea in rete e aspettare che l'infinita comunità che ruota attorno a quell'idea generi essa i materiali necessari a creare il film che, a quel punto, sarà per il moderno regista solo da assemblare.

Il risultato che si otterrà magari non sarà esattamente quello che avrebbe potuto avere in mente uno Stanley Kubrick ma, per restare in "casa nostra", sarà qualcosa di abbastanza simile a quello che George Romero mette in scena in alcune parti del suo Diary of the Dead (e la differenza sta proprio in quel "mette in scena" che tradisce ancora l'impronta autoriale del nostro che, comunque sia, resta un regista nel senso classico del termine).

Di esempi in rete di tutto ciò ce ne sono parecchi (tipo questo, ai danni di… George Lucas) ma ovviamente, se state leggendo questo blog, vi interessano di più quelli che ruotano attorno ai nostri putrescenti amici.

Vi segnalo allora Lost zombies che, come recita l'home-page del sito, è un social-network il cui obiettivo è documentare l'apocalisse zombie (scoppiata nel 2007 in seguito a un'epidemia di influenza evidentemente diversa da quella che stai 3 giorni a letto e passa) e creare così il primo esempio di documentario zombie community generated.

In pratica, ogni utente di lostzombies.com si può creare la propria pagina con il proprio profilo e, mentre prende parte alle discussioni all'interno dei forum e si documenta guardando foto e video degli altri utenti, può uploadare i propri materiali, ovviamente solo quelli realizzati sulla base degli argomenti indicati di volta in volta dai gestori del progetto.

Non crediate però che gli argomenti su cui esercitare la propria creatività richiedano solo dei maghi del make-up o dei geni dell'arte cinematografica: una foto o una ripresa di persone che indossano la maschera antigas andrà benissimo per raccontare la parte di documentario dedicata al diffondersi della super-influenza.

Il video qui sotto vi racconta a grandi linee il progetto e vi invita a contribuire con i vostri materiali.
Che lo spirito di Milena Gabanelli sia con voi!

Find more videos like this on Lost Zombies

Tre uomini in auto.

Il benemerito Zironi mi segnala questo cortometraggio costruito attorno a tre tizi che restano bloccati in un auto circondata da un mare di zombie.

Il titolo non è dei più originali (Zombie movie) ma il mix di gore, cannibalismo e commedia è davvero riuscito. Lo fimano due illustri sconosciuti che di nome fanno Michael J. Asquith e Ben Stenbeck.

Peccato che non sia sottotitolato. Almeno per me che l'inglese parlato lo mastico poco.

domenica 8 marzo 2009

American zombie.

Gianfranco Manfredi è uno che in materia di zombie sa il fatto suo.
Infatti, se non bastasse il fatto di aver firmato il romanzo Magia Rossa (dove gli zombie facevano capolino nella Milano del 1898), Manfredi è autore di uno dei più geniali titoli (e album) degli anni '70: Zombie di tutto il mondo unitevi.

Ieri con Giuseppe Zironi (altro patito di cadaveri caracollanti) lo abbiamo incontrato a Bologna dove era ospite del festival Bilbolbul e, tra una chiacchiera e l'altra, sono spuntati gli zombie; Manfredi ci ha segnalato allora una chicca che né io né Zironi conoscevamo: American zombie, ovvero quello che in gergo si definisce un mockumentary su alcuni zombie che vivono a Los Angeles e sulla loro lotta per essere accettati dagli esseri viventi.

Lo firmano Grace Lee e John Solomon. Qui sotto il trailer:

giovedì 5 marzo 2009

The Zombie Hunters.


The Zombie Hunters è un corposo fumetto on-line scritto e disegnato da Jenny Romanchuk, 24enne canadese che ne pubblica più o meno una pagina a settimana (ad oggi le pagine pubblicate sono oltre 170), ispirandosi per i nomi e le fattezze dei vari personaggi ai suoi amici e conoscenti.

La trama a grandi linee: esplode la piaga zombie e, su un'isola, un gruppo di persone si mette a dar loro la caccia. Questi cacciatori, però, come altri sull'isola, sono a loro volta infetti e sanno che, dopo un certo tempo, anche loro diventeranno zombie di uno dei sette tipi che sono stati finora catalogati.
Ovviamente buona parte della storia ruota intorno alle relazioni tra i personaggi e alla lenta scoperta del loro background prima che si trasformino in zombie.

L'autrice si è data un gran da fare per riempire il sito di un sacco di informazioni sui luoghi, i personaggi e i loro ruoli all'interno del fumetto. Ma, se volete saperne di più, QUI trovate una sua intervista rilasciata al sito comixtalk.com.

mercoledì 4 marzo 2009

L'estate dei morti viventi.

Gran bel libro questo dell'autore svedese John Ajvide Lindqvist, lo stesso di Lasciami entrare (se non avete visto il film che ne è stato tratto -sceneggiato sempre da Lindqvist- be', vi siete davvero persi qualcosa).

Me lo hanno consigliato, in due momenti diversi, due cari amici: Fabiano Massimi (autore del redazionale su "Zombie e… letteratura" apparso sul volume 4 del nostro The Walking Dead) e Corrado Rabitti (consigliere personale in materia di mondo ed editore eccellente di libri per l'infanzia con la sua Zoolibri).
Per cui, zombie a parte, dovevo leggerlo.

In due righe riassunto l'incipit del romanzo: Stoccolma, estate torrida. Nell'atmosfera si crea un campo elettrico di grande intensità che non permette di spegnere luci ed elettrodomestici, produce strani ronzii nell'aria e provoca alle persone violente emicranie.
A seguire, la notizia che negli obitori i morti si stanno risvegliando.
Però dimenticate gli zombie affamati di matrice romeriana: qui i morti, semplicemente, vogliono tornarsene a casa loro, senza fare del male a nessuno e, ovviamente, tutto il libro ruota attorno al racconto di come le persone vive reagiscono al ritorno dei loro cari estinti.

Dell'autore spesso si è letto che è lo Stephen King svedese: dimenticatevi queste baggianate da ufficio stampa e godetevi i suoi bellissimi libri, certamente horror, ma in modo originale. In Italia li pubblica Marsilio Editori.

PS: Il titolo originale del libro è "Hanteringen av odöda". Là fuori c'è qualcuno che parla svedese che mi può confermare l'impressione che il titolo italiano sia un fin troppo libero adattamento?

martedì 3 marzo 2009

Zombie Walk!

Tra di voi, nostri 5 affezionati lettori, credo che più o meno tutti sappiano che il sogno proibito del sottoscritto (oltre a quello di bere un caffè con David Lynch) è quello di riuscire a organizzare una zombie walk o marcia dell'orgoglio zombie che dir si voglia.

E prima o poi ce la farò.

Nell'attesa, quindi, di una marcia dell'orgoglio zombie targata "Z", consoliamoci con il trailer di questa organizzata qualche mese fa in Spagna con addirittura George Romero a tagliare il nastro di partenza (invidia…).

lunedì 2 marzo 2009

Zombie bank.

Per ovvi motivi, sono un fiero sostenitore dello zombie come figura perfettamente adatta a raccontare alcuni degli aspetti della nostra contemporaneità.
Per questo motivo inauguro oggi l'etichetta "zombie trend" (avete visto che adesso il blog è navigabile anche attraverso le etichette?): "zombie trend" segnalerà e racconterà gli avvistamenti zombieschi fuori dai soliti territori in cui, solo fino a qualche anno fa, i nostri amati cadaveri caracollanti sembravano confinati (ossia cinema, fumetto, musica, videogames, letteratura e poco altro).

E cominciamo con la figura della zombie bank, su tutte le prime pagine dei quotidiani economici in questi mesi di crisi globale.

Ma che cos'è una zombie bank? Pesco dalla rete una definizione abbastanza chiara: nata durante la crisi economica degli anno '90 in Giappone, una zombie bank è una banca che opera nonostante sia già fallita. Prende soldi dal governo ma non li usa per fare prestiti. Cioè, veri e propri morti che camminano, perché tutti istituti di credito tecnicamente falliti senza l’aiuto dei Governi.

Come dire che quando la recessione morde, morde davvero. E a volte contagia pure.