sabato 3 ottobre 2009

La fragilità richiede coraggio.


(Dal momento che da poco è uscito "Polvere alla polvere", il secondo volume di Fragile che ne conclude la storia, ne approfitto per postare qui due riflessioni sull'opera e sul suo autore che mi girano in testa da un po' di tempo, nella speranza che possano essere interessanti per i lettori del blog). – AGC

Sapete qual è stata la prima cosa che mi ha colpito dell'opera di Stefano Raffaele, anni fa quando ne lessi in un'intervista?
Il titolo. Fragile.

Fragile è una parola emozionante, evocativa, coraggiosa da usare di questi tempi.
Creare una storia horror e incentrarla sul concetto di fragilità per me già così era un'idea geniale. L'idea di poter essere fragili (o di poterlo diventare) fa paura, esattamente come fa paura l'idea di poter essere liberi.

Stefano Raffaele, da quello che racconta, a un certo punto della sua vita non si è sentito più libero.
Le cose che gli chiedevano di disegnare non gli piacevano più. Non gli piaceva più il modo in cui faceva una cosa che ha sempre alla base il piacere: disegnare.
Andrea Pazienza diceva che il segno è come il kiai: viene dal plesso solare e va cercato.
E così Stefano quel nuovo segno che lo facesse sentire libero se l'è andato a cercare. È partito e, quando è tornato, con quel nuovo segno ha disegnato "Fragile", una storia che ha anche scritto attingendo direttamente alla nuova forza scoperta nel kiai.
Una storia di zombie che, anche attraverso il segno, parla di rinascita: la quadratura del cerchio.

Un'altra cosa che mi ha colpito di "Fragile" (ma questo solo dopo, quando ho avuto modo di leggere la storia) è l'aver notato che l'autore non aveva nessun problema a mettere in scena dei personaggi antipatici e, in fondo, negativi. In tutta la storia, pure togliendo i cattivi, non ne esiste uno che sia veramente positivo, dal superficiale Alan fino ad arrivare all'inaffidabile Marcus.
Il che, tradotto, significa una volontà ben precisa da parte dell'autore di rinunciare alla sicurezza dell'eroe classico, quello in cui bellezza e bontà di solito vanno a braccetto.
Prendete Lynn, la bella top-model che piange il suo corpo che giorno dopo giorno vede cadere a pezzi e che, alla fine, trova l'amore: è una figlia di puttana antipatica e riottosa e, come nella miglior tradizione EC Comics omaggiata dalla storiella a fine volume (esclusiva dell'edizione saldaPress), verrà severamente punita per il suo essere malvagia.
Quelli della EC sì che erano fumetti moralmente educativi!

"Fragile" dimostra infatti una sensibilità trasversale da parte del suo autore rispetto alle regole canoniche del genere horror, un modo di fare che anticipa molte delle tendenze del cinema contemporaneo in cui la figura dello zombie si fonde con la commedia, l'action-movie e la storia d'amore (non dimentichiamo che "Fragile", oltre ad essere stato opzionato quasi subito per diventare un film negli USA, è stato pubblicato per la prima volta nel 2003, cioè ben prima dell'ubriacatura zombiesca a cui assistiamo oggi).
La bellezza di "Fragile" è proprio nel fatto che, con un'immediatezza che sconvolge, il suo autore mette in scena la più classica (e la più difficile) delle scelte narrative, quella che contempla eros e thanatos, amore e morte: Alan e Lynn sono zombie in un mondo popolato da zombie, hanno i problemi di tutti gli zombie e, nonostante tutto ciò, si amano.
È una scelta che, raccontata, potrebbe far ridere e invece, quando la vedi sulla carta inserita in una storia apparentemente di genere, funziona eccome.

E dico "apparentemente" proprio perché un aspetto per me affascinante di "Fragile" è che è un fumetto transgender nel modo più naturale possibile e senza bisogno di intellettualizzare per questo tutta la storia.
"Fragile" è transgender perché mette al centro della narrazione la mutazione del corpo (quindi perfettamente in linea con l'horror contemporaneo) ma anche perché, più prosaicamente, uno dei suoi personaggi è transgender.
E il bello è che essere transgender -grazie Stefano!- non gli impedisce di fare nulla, non gli procura sensi di colpa da scontare con la mutilazione del corpo e non obbliga noi lettori a leggere il tutto con la colonna sonora di "Madama Butterfly" in cuffia.
Grace è transgender e, come un normale essere umano, ha luci e ombre, momenti di felicità e momenti di malinconia, cammina su tacchi di 12 centimetri e spara con un fucile d'assalto (cioè, ci prova più volte senza riuscirci. Ma forse questo si presta più a una lettura freudiana del personaggio).
Altroché ispirarsi a Vladimir Luxuria : il popolo transgender italiano dovrebbe fare di Grace la propria bandiera.

Stefano mescola continuamente le carte in tavola, gioca con le sue due anime di autore (e credo anche di persona). Una più intimista, meditativa, romantica. E un'altra votata all'action, al bellobello come lo intenderebbe Zoolander, al pedale dell'acceleratore schiacciato bene fino in fondo.
Queste due anime convivono tranquillamente in "Fragile", un'opera dove si passa dagli amanti zombie che si cercano timidamente le mani alle automobili grosse e potenti messe sulla carta da un'autore che – è chiaro– si diverte con un matto a disegnarle fin nei minimi particolari.
Convivono perché Stefano non si vergogna di riportare il fumetto alla sua dimensione di kolossal a costo zero, a quell'aspetto vitale e divertente che chiunque abbia iniziato a disegnare fumetti da bambino conosce benissimo: e allora, a parte le fuoriserie da urlo e i baci appassionati, ecco grandi scene di massa dentro e fuori delle città, abbondanza di zombie e creature mostruose, donne dalle gambe lunghissime e dai seni abbondanti e, in mezzo a tutto, pure dei personaggi zombie che omaggiano con siparietti comici il genere della buddy-comedy.

Qua e là, nella storia, ci sono momenti che è evidente che l'autore, alla sua prima esperienza nel gestire insieme scrittura e disegno, non ha controllato fino in fondo. Momenti sui cui, ancora più evidentemente, nessun editor è intervenuto, non tanto a ridimensionarli quanto a incoraggiarne l'esplorazione.
Prendete i disinfestatori a inizio storia, quelle grandi vignette in cui appaiono quasi come misteriosi cowboy che parlano poco e attraversano il deserto su lunghe decappottabili: sono spettacolari e sarebbe stato bello se avessero trovato una collocazione anche dopo, quando la storia si sviluppa e vengono introdotti nuovi temi oltre a quello della fuga.
E invece purtroppo, dopo qualche pagina, scompaiono (e, personalmente, vorrei tanto che ci fosse un Fragile 2 per rivederli in azione come meritano. Capito Stefano?)

C'è di buono, però, che Stefano Raffaele è un autore sempre disponibile al confronto e che ama molto questa sua opera. Così, per l'edizione italiana, ha acconsentito a ritoccare qua e là delle scene e dei dialoghi che oggi sembravano a tutti meno in linea con le sue idee per questa storia.
Il risultato è che l'edizione italiana di "Fragile" è una vera e propria director's cut unica al mondo, completata da studi sui personaggi e inediti che Stefano ha voluto ripescare dai suoi archivi per farli conoscere al pubblico italiano.

Morti viventi che, invece di pensare a mangiare gli umani, si amano. Ha proprio ragione Andrea Plazzi nella sua introduzione al libro: Stefano Raffaele non è normale.

1 commento:

Bruno Olivieri ha detto...

Ottimo lavoro.
Un saluto ad entrambi!
:-D